Germano Paolini - “Tevere”, olio su tela, cm. 50×70
Fausta D’Ubaldo - “Mercati Traianei I”, tempera su cartoncino
La Galleria della Tartaruga presenta la prima mostra personale della pittrice Fausta D’Ubaldo nella quale verranno esposti dipinti a tempera e tecniche miste dedicati a Roma. Ella stessa ci spiega così il suo amore per la Città Eterna: “Non credo di aver mai deciso di dipingere, l’ho semplicemente fatto fin da bambina.
Quando la vita si è mostrata come un puzzle scomposto, la pittura è stata il filo che ha delicatamente tenuto insieme tutti i pezzi e ha ridato un senso alle cose. Sento di appartenere alla mia città e che lei è parte di me. Questa mostra è dedicata a Roma con tutta la mia gratitudine.”
Il Maestro Pedro Cano nella presentazione in catalogo testimonia: “Fausta D’Ubaldo ama lavorare all’aperto. Porta con se carta, cartoni, acquarelli e tempere e come chiamata da una voce segreta si avvicina alla Roma più profonda: Portico d’Ottavia, Mercati Traianei e soprattutto i Fori. Il suo sguardo cerca in un groviglio di immagini un frammento che l’attendeva che aspettava i suoi colori per essere rappresentato.
Così lei affronta le architetture di epoca imperiale come fossero un materiale al quale si sente di essere fedele e allo stesso tempo la partenza per un viaggio nella pittura in piena libertà. I colori dei mattoni prendono luminescenze rossastre e zafferano e parte dei marmi si colorano di malva e viola. I cieli si scuriscono o a volte diventano paglierini. Fausta compone le sue opere a partire da schemi geometrici dopo aver fatto un disegno a grafito dove cattura le essenze del luogo.
I suoi anni all’Accademia di Belle Arti le hanno conferito un enorme spessore che le permette ora di affrontare il suo lavoro. La rapidità del digitale è stata abolita e solo gli occhi, la mente e le mani costruiscono piano piano, solo con l’aiuto di pennelli colori e acqua, queste belle visioni romane a testimoniare che la pittura come la città di Roma, può essere allo stesso tempo nuova ed eterna.”
Antonio Corpora - “Senza titolo”, pastelli su carta velluto, cm. 65×50
“Maggese”, tecnica mista su tela, cm. 90×120
Antonio Corpora - “Metamorfosi”, olio e smalti su tela, cm. 61×50
Sandro Trotti - “Argani”, tecnica mista su tela, cm. 50×70
Cinzia Fiaschi - “Bellanima pictura”, tecnica mista su tela, cm. 100×100
I COLORI DELL’ESSERE
di Ennio Calabria
Oggi, spesso, tra i giovani artisti che ancora dipingono prevale l’uso di una sorta di Informale, che però non ha più alcuna parentela con la grande esperienza, sconvolta dall’avvento della foto che la espropiava dalla sua funzione storica, che era quella del consegnare al futuro l’immagine del presente, la pittura si ripiegò drammaticamente su se stessa.
È come se nell’esperienza storica dell’ Informale la pittura avesse detto alla foto: “tu sei abilissima nel documentare la realtà, ma il tuo è un automatismo della macchina, io invece sono un organismo vivo, sono di carne. Guarda le mie arterie piene di sangue!“ Voglio dire che l’Informale storico ha avuto soltanto uno scopo dimostrativo del carattere psico-fisico della pittura, e non ha avuto, invece, uno scopo produttivo, cioè quello di ripensare l’immagine del mondo, come fu per esempio per il cubismo, per il surrealismo o per il futurismo.
L’Informale di Cinzia Fiaschi è una scelta che vorrei definire di istintiva predisposizione ed è finalizzata a trascrivere un tuffo nella “sensibilità vuota” per l’oblio di ogni derivazione, dal già pensato e che partorisce l’immagine generata da una vuota empatia senza oggetto. Inoltre penso che la pittura di Cinzia Fiaschi esprima la nuova necessità, che è quella di entrare in relazione con la fase magmatica del processo mentale, in quella fase cioè in cui i codici non si sono ancora costituiti e in cui Cinzia incontra quell’architettura energetica che anticipa i presupposti della visione.
Cinzia Fiaschi con le proprie fulminee immersioni di tutta se stessa in se stessa, intercetta il proprio sistema di interconnessione tra le”parti” spontanee e casuali di elementi vaganti, che si cercano nel sussulto dell’essere. Insomma è come se Cinzia non avesse bisogno di comunicare l’icona mentale, che consentirebbe a chi legge l’opera, di identificare il senso di quella narrazione.
È come se in quest’artista prevalesse soltanto la necessità di comunicare l’indicibilità di un coinvolgimento “l’esperienza di tutto il probabile”. L’esperienza di tutto il probabile è anticipare il mio essere comprensivo di ogni possibilità, al mio identificarmi, invece, con lo spazio incerto in cui si riflette la mia parzialità.
Se ciascuno di noi potesse utilizzare l’intera potenzialità della propria psiche forse da quel momento non potremmo che dire tutti le stesse cose. Entreremmo tutti in una sorta di automatismo.
Tuttavia ciascuna di queste stesse cose, se pur incapace di distinguersi intellettualmente dalle altre è comunque espressione autentica dell’unicità di un individuo, ne è l’impronta digitale. È invece il limite dell’uso delle nostre potenzialità psichiche, che consente il nostro “libero arbitrio”e cioè la nostra scelta interpretativa del mondo e la nostra possibilità di motivarla.
Tutto ciò appartiene alla coscienza dualistica che ha come scopo, quello di capire, di identificare, di cercare il senso nelle contraddizioni reali e nelle contraddizioni interpretative che ne derivano.
Oggi, anche per la pesante influenza delle tecnologie della comunicazione, va prevalendo il modello comportamentale dell’essere. L’essere è e sente, ma non ha necessità di decodificare ciò che sente, nè perseguire un’interpretazione che ne rappresenti la verità. L’essere sembra dire: «ciò che produco è vero perchè è direttamente generato da me che “sono”». Ecco, io collocherei le libere e intense associazioni cromatiche di Cinzia Fiaschi entro l’impulso del proprio essere, necessarie ad esso, espressione oggettiva delle sue ragioni. Il grado di necessità che muove queste opere, sottrae Cinzia Fiaschi al rischio del generale equivoco, quello per cui si confonde l’arte con la creatività.
Cinzia Fiaschi è un’artista che cerca di oggettivare le sensazioni intercettandone il linguaggio sintomatico che la provoca e al quale risponde, non con narrazioni e concetti, ma con la pelle stessa di una pittura, che reagisce e comprende prima del pensiero.
Claudio Castiglioni - “Spiaggia libera”, acquarello su carta, cm. 15×36
Sono esposte opere di: Corrado Angelo, Etty Bruni, Claudio Castiglioni, Anna Coppi, Claudio Falasca, Dario Falasca, Cristina Giammaria, Luisa Grifoni, Anna Maria Guidantoni, Massimiliano Iocco, Vladimir Khasiev, Paolo Lattanzi, Germano Paolini, Marco Pecorare, Roberta Petrangeli, Gianluigi Poli, Francesco Puglia, Laura Rago, Stefano Rezzi, Patrizia Ricca, Igor Sava, Karmaker Uttam, Eleonora Vetromile.
Marco Tamburro - “Senza titolo”, tecnica mista su tela, cm.60×50
Soile Yli-Mayry - “Sand fire”, olio su tela, cm. 46×38