CINZIA FIASCHI - “I colori dell’essere” - dall’ 11 al 20 dicembre 2013

by Galleria on 12/03/2013

100x100-bellanima-pictura-2013Cinzia Fiaschi - “Bellanima pictura”, tecnica mista su tela, cm. 100×100

I COLORI DELL’ESSERE

di Ennio Calabria

Oggi, spesso, tra i giovani artisti che ancora dipingono prevale l’uso di una sorta di Informale, che però non ha più alcuna parentela con la grande esperienza, sconvolta dall’avvento della foto che la espropiava dalla sua funzione storica, che era quella del consegnare al futuro l’immagine del presente, la pittura si ripiegò drammaticamente su se stessa.

È come se nell’esperienza storica dell’ Informale la pittura avesse detto alla foto: tu sei abilissima nel documentare la realtà, ma il tuo è un automatismo della macchina, io invece sono un organismo vivo, sono di carne. Guarda le mie arterie piene di sangue! Voglio dire che l’Informale storico ha avuto soltanto uno scopo dimostrativo del carattere psico-fisico della pittura, e non ha avuto, invece, uno scopo produttivo, cioè quello di ripensare l’immagine del mondo, come fu per esempio per il cubismo, per il surrealismo o per il futurismo.

L’Informale di Cinzia Fiaschi è una scelta che vorrei definire di istintiva predisposizione ed è finalizzata a trascrivere un tuffo nella “sensibilità vuota” per l’oblio di ogni derivazione, dal già pensato e che partorisce l’immagine generata da una vuota empatia senza oggetto. Inoltre penso che la pittura di Cinzia Fiaschi esprima la nuova necessità, che è quella di entrare in relazione con la fase magmatica del processo mentale, in quella fase cioè in cui i codici non si sono ancora costituiti e in cui Cinzia incontra quell’architettura energetica che anticipa i presupposti della visione.

Cinzia Fiaschi con le proprie fulminee immersioni di tutta se stessa in se stessa, intercetta il proprio sistema di interconnessione tra le”parti” spontanee e casuali di elementi vaganti, che si cercano nel sussulto dell’essere. Insomma è come se Cinzia non avesse bisogno di comunicare l’icona mentale, che consentirebbe a chi legge l’opera, di identificare il senso di quella narrazione.

È come se in quest’artista prevalesse soltanto la necessità di comunicare l’indicibilità di un coinvolgimento “l’esperienza di tutto il probabile”. L’esperienza di tutto il probabile è anticipare il mio essere comprensivo di ogni possibilità, al mio identificarmi, invece, con lo spazio incerto in cui si riflette la mia parzialità.

Se ciascuno di noi potesse utilizzare l’intera potenzialità della propria psiche forse da quel momento non potremmo che dire tutti le stesse cose. Entreremmo tutti in una sorta di automatismo.

Tuttavia ciascuna di queste stesse cose, se pur incapace di distinguersi intellettualmente dalle altre è comunque espressione autentica dell’unicità di un individuo, ne è l’impronta digitale. È invece il limite dell’uso delle nostre potenzialità psichiche, che consente il nostro “libero arbitrio”e cioè la nostra scelta interpretativa del mondo e la nostra possibilità di motivarla.

Tutto ciò appartiene alla coscienza dualistica che ha come scopo, quello di capire, di identificare, di cercare il senso nelle contraddizioni reali e nelle contraddizioni interpretative che ne derivano.

Oggi, anche per la pesante influenza delle tecnologie della comunicazione, va prevalendo il modello comportamentale dell’essere. L’essere è e sente, ma non ha necessità di decodificare ciò che sente, nè perseguire un’interpretazione che ne rappresenti la verità. L’essere sembra dire: «ciò che produco è vero perchè è direttamente generato da me che sono”». Ecco, io collocherei le libere e intense associazioni cromatiche di Cinzia Fiaschi entro l’impulso del proprio essere, necessarie ad esso, espressione oggettiva delle sue ragioni. Il grado di necessità che muove queste opere, sottrae Cinzia Fiaschi al rischio del generale equivoco, quello per cui si confonde l’arte con la creatività.

Cinzia Fiaschi è un’artista che cerca di oggettivare le sensazioni intercettandone il linguaggio sintomatico che la provoca e al quale risponde, non con narrazioni e concetti, ma con la pelle stessa di una pittura, che reagisce e comprende prima del pensiero.