FRANCO FORTUNATO - “Luoghi e non-luoghi” - Itinerari Immaginari - dal 1° all’11 marzo 2016

by Galleria on 02/20/2016

le-citta-del-cielo-tempere-e-olio-su-foglia-doro-su-tavola-cmFranco Fortunato - “Le Città del cielo”, tempere e olio su foglia d’oro su tavola, cm. 20×30

La Galleria della Tartaruga presenta per la prima volta l’artista Franco Fortunato in una sua mostra personale che si compone di ventiquattro dipinti ad olio e tempere dedicati ai “Luoghi e non-luoghi – Itinerari Immaginari” come impone il titolo della mostra voluto dall’autore stesso.

La pittura di Fortunato è costruita sulla fuga dalla realtà e sulla poesia come fondamento.

Scrive infatti Massimo Duranti: “ Non è facile dare un senso razionale alla continua fuga (ammesso che sia tale) dal suo tempo e dal linguaggio, più che della poetica - quella non epidermicamente percepibile, certo – della pittura di Franco Fortunato. Forse ha ragione Jorge Luis Borges che in Metamorfosi della tartaruga, tratto da Altre inquisizioni, sentenzia che “L’arte vuole sempre irrealtà invisibili”; e allora è evidente che l’artista romano si “costringe” a rendere percepibili cose e situazioni che sono lontane dalla realtà, almeno da quella che conosciamo.”

E poi continua così: “In realtà, approfondendo il discorso, subentra il dato che appare il più cogente e reale nel dipingere di Fortunato: la poesia. Cogenza dichiarata, che appare opportuno dilatare senza indugio alla letteratura, sintetizzabile nel concetto di parola “alta”.  Parla spesso infatti senza distinzione di Pasolini e di Calvino, di Gadda, Melville, Bukowski, Pessoa, Tabucchi, fino a Luzi e Caproni. E’ insomma un divoratore di parole che sono per lui le sole pulsioni forti del suo narrare per immagini pittoriche. Il legame stretto è dunque con i versi e i racconti, attraverso i quali torna – a suo dire – alla realtà in un percorso a ritroso. E la poesia, seppure parla di realtà visibili, come abbiamo visto, conduce a quelle invisibili, sognabili e fantasticabili.”

E concludendo: “Analizzando il linguaggio di Fortunato tuttavia, a un certo punto, si sente la necessità di approfondire  maggiormente un discorso sulla maniera. Non tanto quella che tornò di moda negli anni Ottanta e che sconfinava nella pura citazione, alla quale l’artista romano non aderì, bensì la “sua maniera”. Uno stile che ha precisi canoni di linguaggio e di poetica: una curiosa combinazione di stili figurativi realisti, ispirati da un fantasticare che ripercorre anche strade linguistiche proprie di certo surrealismo e della tradizione secolare di pittura fantastica, supportati da un’abilità compositiva pittoricamente calligrafica, che gli viene da un talento innato coltivato autonomamente, il tutto giocato su una manciata di temi e motivi ricorrenti che a volte si mettono in sinergia.”